La santoreggia (nome botanico: Satureja Hortensis) era un’erba molto popolare tra gli antichi greci e romani soprattutto per l’aroma penetrante (che ricorda molto quello del timo), che la rende ottima per accompagnare i piatti di pesce e di carne.
I romani la usavano assieme all’aceto di vino per ottenerne una salsa, allo stesso modo con cui oggi viene impiegata per la preparazione della salsa alla menta.
Nativa del Mediterraneo, questa pianta aromatica si è diffusa rapidamente attraverso l’Europa dopo essere stata importata dai romani; nel Medioevo veniva utilizzata come ripieno o per accompagnare la carne e la cacciagione: da allora è stata soprannominata “erba fagiolo” perché alcune foglie, aggiunte ai fagioli verdi, producono un effetto molto simile a quello della menta sui piselli.
Dalla Gran Bretagna essa raggiunse quindi l’America con i primi colonizzatori. Chiamata anche “erba spezia”, la santoreggia appartiene alla famiglia delle labiate e, allo stato selvatico, non è molto diffusa, ma è comunque presente in pianura e in alta collina; spesso viene coltivata negli orti come erba aromatica.
La pianta è annuale, robusta ed una volta acclimatata, si propaga da sola per seme; presenta foglie opposte, strette, lanceolate, di colore verde chiaro e coperte da una leggera peluria; i fiori sono piccoli, poco appariscenti, bianchi o rosa, e compaiono in estate.
Essa è dotata di notevoli proprietà dal punto di vista fitoterapico, in quanto è tonica, disinfettante e carminativa; in passato venne ritenuta un’erba dal potere altamente afrodisiaco e studi recenti hanno dimostrato che la pianta stimola le funzioni fisiche e cerebrali.
Vengono utilizzate in medicina naturale le foglie (raccolte poco prima della fioritura) e le infiorescenze (in piena fioritura); può venir essiccata in mazzi appesi in luoghi ventilati ed ombrosi.
Per contrastare i vermi intestinali, contro la stanchezza, le digestioni difficili, le infiammazioni intestinali, le bronchiti e la diarrea, ottimale è l’infuso e la sua aggiunta costante nei cibi.
Molti ritengono, inoltre, l’infuso di santoreggia leggermente euforizzante. Il decotto è invece ottimo, aggiunto all’acqua del bagno per purificare e tonificare la pelle, ed insieme con salvia, verbena odorosa e rosmarino per ottenere un effetto afrodisiaco.
Il suo olio essenziale viene utilizzato perlopiù in profumeria.
Come la maggior parte delle piante aromatiche, la santoreggia è caratterizzata da un olio essenziale particolarmente attivo: come rimedio terapeutico va dunque somministrata sotto controllo medico, rispettando scrupolosamente le dosi.
In cucina è molto apprezzata ed è caratterizzata da un sapore pungente, quasi piccante, che si lega in modo molto efficace con i legumi, le uova, le verdure crude e cotte che, tra l’altro, rende più digeribili; tuttavia occorre stare attenti a non eccedere con il suo dosaggio, in quanto essa può diventare “invadente” quanto la menta.