Il puleggio (nome botanico: Mentha pulegium) detto anche mentuccia è una delle diverse varietà della menta e venne chiamata dai romani “mentha pulegium”, ossia “menta della pulce”, in quanto per molti secoli è stata utilizzata per scacciare questo fastidioso animaletto.
Nel Medioevo quest’erba godeva di una fama straordinaria, in virtù della sua efficacia nel combattere uno numero davvero esorbitante di malattie: l’unguento, ottenuto con l’erba tritata unita al miele, per esempio, era ritenuto un ottimo rimedio contro le contratture; la sua polvere, invece, assunta con miele, era un miracoloso espettorante, in grado di liberare i polmoni dagli umori vischiosi; sorbita con l’idromele o con aceto diluito in acqua veniva usata per contrastare la nausea e i crampi allo stomaco; somministrata con il vino, infine, la polvere di puleggio era considerata un eccellente antidoto contro i morsi velenosi dei serpenti.
In qualsiasi caso di gonfiore, i monaci medievali solevano applicare la sua radice, pestata e mescolata ad aceto, sulla parte interessata, mentre utilizzavano la polvere della pianta, bevuta con vino rosso per combattere la tosse e, cotta nel vino, per realizzare un decotto dall’intenso potere diuretico. I marinai del XVI secolo la usavano addirittura per purificare le riserve d’acqua.
Chiamato anche “mentuccia” e appartenente alla famiglia botanica delle labiate, il puleggio è una pianta annuale o perenne, dai fusti corti e ramosi, coperti da una fine peluria; le foglie hanno dimensioni minute, sono pelose e di color verde sfumato, mentre i fiori, che compaiono da luglio ad ottobre, presentano un pallido color azzurro. Essa è originaria dell’Europa e cresce spontanea nei luoghi umidi ed ombreggiati; può venir anche coltivata (per seme o per radice), ma sopporta poco le temperature rigide.
Come già i nostri antenati avevano mirabilmente intuito e sperimentato, il puleggio è un’erba ricca di preziosi componenti attivi, come il mentolo, il tannino, la carvona, il levulosio e l’essenza di menta: attualmente è infatti usata nei rimedi erboristici per combattere vari disturbi, tra i quali l’itterizia, il raffreddore, l’asma e la pertosse.
Viene utilizzata soprattutto mediante infuso: in caso di indigestione, si faccia bollire 1 litro di acqua con circa 15 grammi di sommità fiorite e se ne assuma una tazza (dolcificata con miele) dopo ogni pasto: questa tisana costituisce un efficace antisettico intestinale.
Per combattere, invece, i vermi intestinali, si prepari un infuso con 25 grammi di sommità fiorite (sempre in un litro d’acqua) da consumare nella quantità di due bicchieri al giorno (senza dolcificare).
Per un infuso contro l’emicrania si utilizzino invece 25 grammi di foglie e di cime fiorite in parti uguali (per ogni litro d’acqua) e se ne prendano 3 tazze al giorno.