La piantaggine (nome botanico: Plantago major, Plantago lanceolata, Plantago media) era chiamata anticamente dai greci Arnoglossa, che significa “lingua d’agnello”, in quanto le sue foglie assomigliavano appunto a delle lingue verdi.
Nel Medioevo, tra le differenti varietà di questa pianta, era la piantaggine maggiore (Plantago major) ad essere la più utilizzata in ambito terapeutico: essa veniva applicata tritata per arrestare le emorragie e per togliere le macchie scure della pelle e, con il miele, sulle ferite per disinfettarle.
In caso di mal di denti e di gengive infiammate, le sue foglie invece venivano sfregate con regolarità su denti e gengive; inoltre, si credeva che la piantaggine, se cotta e mangiata come verdura, giovasse notevolmente per curare l’idropisia, l’asma e persino l’epilessia. Il decotto di semi di piantaggine, aggiunto al vino, sembra che alleviasse il mal di reni e di vescica.
Chiamata anche “lingua di cane” e “orecchia d’asino”, quest’erba preziosa appartiene alla famiglia botanica delle plantaginacee e presenta un rizoma fibroso, dal quale partono più steli florali; le foglie sono disposte a rosetta e spesso aderiscono al terreno: esse hanno un lungo picciolo e sono dotate di robuste nervature.
I fiori, che compaiono in primavera e in estate, si erigono su una spiga. Si può trovare spesso lungo i sentieri, nei prati umidi di montagna e nei campi incolti; si tratta di una pianta che talvolta diviene infestante, poiché resiste molto bene al calpestio e alla siccità.
In virtù della ricchezza dei suoi componenti attivi (tra i quali tannino, mucillagine, saponine e sali di potassio e magnesio), la piantaggine è tuttora assai utilizzata come erba medicinale: presenta infatti proprietà astringenti, vulnerarie e oftalmiche.
In caso di diarrea, enterite, dissenteria e catarri bronchiali, si consiglia la sua assunzione mediante tintura o infuso. Per contrastare l’enterite infatti si può preparare un infuso di foglie (nella quantità di 50 grammi per litro d’acqua) da sorbire 2 o 3 volte al giorno. Per uso esterno è possibile fare un cataplasma con le foglie pestate o con il succo, da applicare su piaghe, piccole ferite, scottature e punture d’insetto; tale cataplasma risulta essere molto efficace anche applicato ai foruncoli, per farli giungere a maturazione. Con il suo infuso si possono fare lavaggi o impacchi sugli occhi infiammati o in caso di congiuntivite. Il suo impiego in campo cosmetico prevede l’utilizzo dell’infuso come lozione per il viso, in caso di acne.
Tra le sue innumerevoli modalità di utilizzo, va annoverato anche il bagno aromatico, preparato aggiungendo l’infuso all’acqua del bagno, per un effetto emolliente, rinfrescante e rigenerante. In cucina, la piantaggine si può consumare fresca in insalata, oppure lessata assieme ad altre verdure.
Questa pianta è reperibile allo stato selvatico per tutto il corso dell’anno e si potrà quindi consumare fresca anche nel periodo invernale.